Cos’è per noi una missione

Un bambino sorride mentre rilancia una palla (Foto di Davide Garritano)
Cos’è una missione umanitaria? Forse, chi parte per la prima volta questo quesito non se lo pone. Tanto è l’entusiasmo e il bene che si vuole portare in posti più poveri del mondo, che altre domande fuggono via, come il tempo, tiranno e amico allo stesso tempo.
E allora non resta che dare parola all’essere, colui che di tutto vero permette la fuoriuscita, da ciò che spesso chiamiamo coscienza, o anima, o Io, o Noi. Insomma, ciò che ci rende vivi e ci mette in azione.
Mi chiamo Davide Garritano e non voglio identificarmi con nessun ruolo. Forse, col tempo, ci conosceremo sempre di più. Quella in Madagascar è stata la mia prima missione nel continente africano. E questo è il primo articolo per la Diagnosticare Onlus, che tanto mi ha voluto lì e tanto io ho voluto essere lì con loro.
Partire non è facile. Lasciamo, spesso, delle situazioni a metà nella terra in cui passiamo la maggior tempo del nostro quotidiano. Forse, un quotidiano che diventa sempre più spesso una routine monotona. Se poi, nel calderone bollentissimo, ci mettiamo una velocità impressionante con la quale affrontiamo le cose di tutti i giorni, partire, per osservare un’altra realtà e non fuggire a quel punto dalla nostra, non è poi così difficile, ma neanche facile come dicevo a inizio trafiletto.
Questa è una premessa. Ora passiamo ai fatti. E prendiamo questo aereo, scritto, insieme. Per seguire dei medici e un gruppo che gira attorno a loro serve coesione. Partire per una missione umanitaria vuol dire, soprattutto, mettere da parte il proprio ego (semmai qualcuno ne fosse gonfio) e dedicare il lato umano al gruppo con il quale si sceglie di partire e dedicarlo anche alle persone che si troveranno nel villaggio di appartenenza. Il nostro, come alcuni di voi già conosceranno, è quello del comune di Manazary, situato nel distretto di Miarinarivo, nella regione Itasy.
Passione, rispetto fiducia: per volare oltre, insieme!
Serve passione. Per cosa direte voi? Per andare in un altro posto e confrontarsi con la popolazione locale. Ma non una passione in particolare, specifica, che ci appartiene da sempre. Quella può anche essere messa da parte una volta atterrati sul terreno amico ma straniero al primo impatto. Come d’altronde è successo al sottoscritto. Partito anche per scrivere, e dopo pochi giorni aver capito che la scrittura non avrebbe bussato alle porte dell’essere come in altri casi. Tanta commozione, per aver trovato altro, oltre ogni aspettativa. E quindi, di quale passione parliamo? Di quella che ti agita dentro, nell’accezione positiva del verbo agitare. Che ti scuote, che ti mette in gioco, che ti fa vibrare corde forse troppo molle ormai da tempo.
Rispetto. È quello che ci vuole, sempre, verso la Onlus che fa sì che tu possa entrare in missione. Questo l’ho capito fin dai primi istanti. La Diagnosticare apre le porte, in modo molto meticoloso (e anche giustamente direi), anche a persone non esperte del settore medico. Per dare un’opportunità di vita differente. Per accogliere persone che sappiano o vogliono vedere come si affronta una visita medica in situazioni precarie come quelle malgasce, ma che sappiano anche osservare nel cuore di un bambino o di una bambina nel momento del gioco o della visita stessa che si va ad affrontare.
Nel villaggio di Manazary si dorme tutti assieme in una dependance della struttura delle suore del posto. Ovviamente si parla del gruppo. Gli abitanti intorno al villaggio, invece, quando arrivano i medici, compiono anche dei lunghissimi viaggi a piedi per una sola visita. Si parla anche di dieci chilometri all’andata e dieci al ritorno. Non sapendo nemmeno se vi sarà la possibilità o meno di farla quella benedetta visita, tante sono le persone che accorrono. Accorrono perché nel corso degli anni, ben ventitré (dal lontano 2000), la Onlus ha stretto un rapporto di totale fiducia con gli autoctoni. E questo è un altro punto essenziale per chi decide di intraprendere una missione umanitaria: non invadere lo spazio altrui, ma accogliere le diversità di un popolo che non si conosce e che, magari, tra una visita e l’altra ci prende per mano e ci porta all’interno di un mercato che ai nostri occhi può sembrare anche medievale, ma per loro è la vita che passa tutti i giorni.
Durante la missione, con estrema cautela e con la supervisione dei medici, i componenti e le componenti del gruppo possono aiutare quest’ultimi nelle visite di base. Molti si stupiranno. Lasciatevi solo un attimo spiegare. In situazioni precarie, quando ad esempio salta la luce per un’ora intera, tutti possono essere d’aiuto. Nessuno escluso. E poi, ripetiamo: sempre con la supervisione di un medico accanto. Parliamo di preparare una soluzione per un aerosol, dinanzi al medico, e poi aiutare una donna, un’anziana, un bambino anche solamente nel sorreggere il beccuccio del macchinario da dove esce la soluzione, ai molti abitanti del posto magari sconosciuta fino a pochi secondi prima. Vi sembra poco? Non lo è affatto, credetemi. È un modo per tranquillizzare chi alcune situazioni non le ha mai affrontate in vita sua. E tu, solo tu sei l’unica persona che in quel momento può costruire un po’ di fiducia con un abitante del posto sottoposto a una visita medica.
Fiducia. E qui mi fermo, per poi, chissà, entrare in merito a delle questioni più tecniche con medici ed altri esperti del settore nel corso di questo anno. La fiducia viaggia sullo stesso parallelo del rispetto. Le due rotte non s’incontrano mai, non entrano mai in collisione, perché puntano a un concetto d’infinito, che non vede fine e sempre si rinnova. E torno, quindi, al punto di domanda iniziale: cos’è una missione umanitaria? Nessuno ha la risposta pronta, o magica se volete. Chiunque può sperimentarci tantissime emozioni che poi si tramutano i sentimenti. Ma una cosa è certa: creare un legame di fiducia con delle persone che si aspettano solo un po’ di bene senza dover dare nulla in cambio. Se volete una metafora, anche un tantino azzardata ma che rispecchia molto i tempi nostrani, potremmo parlare di valore di scambio. Ecco, spero che possiate passarmi anche il termine tecnico o economico. Perché in missione il vero valore di scambio non è il denaro, ma la fiducia.
A risentirci, oltre.